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martedì 6 aprile 2010

E se per una volta fosse meglio chiudere?


Ma da quando in qua il protezionismo ed i dazi doganali appartengono al “Pantheon” ideologico della destra? Non era stato il Comunismo ad instaurare l’economia di stato, mentre il Liberismo aveva ben pensato di aprire i mercati in ogni ordine e misura?
Sentire i leghisti invocare la protezione dei nostri confini, anche se ci potrebbe essere qualche problema sulla concezione di “nostri”, mi fa ribollire il sangue nelle vene.
E volete sapere qual è la ragione principale del mio irretirmi? Bene, lo confesso: sono d’accordo con loro! Ed il problema è che non è la prima volta che accade, e, sventuratamente, non sarà neppure l’ultima.
La sinistra non è più in grado di identificarsi nei problemi della gente comune e farsi portatrice di semplici slogan, ed è per questo che non riesce a vincere uno straccio di elezioni, se non nei suoi ormai pochi feudi, arroccati e tinteggiati di rosso. Fin qui non penso ci siano dubbi a riguardo.
Ma dal di qui a farsi soffiare una fascia consistente di elettorato, ad uso e consumo di un partito, si di radici popolari, ma pur sempre di destra, ce ne vuole.
La Lega, che oramai ha abbandonato totalmente l’appellativo che la riconduceva al solo nord, sta “invadendo” il territorio politico lasciato libero dai due mastodonti in decomposizione, PD e PDL. E lo stesso sta facendo l’IDV del buon Tonino Di Pietro sul versante sinistro dello schieramento. Invece che la ricostituzione, da molti tanto agognata, del terzo polo al centro dello scacchiere politico, la rincorsa all’elettorato ex DC ha portato allo svuotamento delle ali più estreme su entrambe i fronti, le quali hanno ben pensato di fare presente il proprio malcontento verso la condizione della politica attuale, votando in massa partiti non riconducibili direttamente ai giochi politici più sfacciati, e che evidentemente sapevano rappresentare perfettamente questo sentimento.
Uno di questi temi tanto cari ai cittadini che vivono su questo paese, che a volte non sembra neppure appartenere alla stessa galassia di quello su cui sono abbarbicati i nostri rappresentanti, è la Crisi, quella con la C maiuscola. Si perché, a parte proclami e invettive, di provvedimenti tangibili ce se ne ricorda pochi.
Anche le proposte sono ridotte al minimo, come se non si avesse più il coraggio di osare; come se gli unici che se lo possono permettere fossero IDV e Lega, poi, chissà perché, perdi le elezioni e rimugini mesi sulle motivazioni che hanno portato a tanto.
Bene, io ci provo, non si sa mai di riuscire a proporre qualcosa di sensato: in questo momento di crisi in cui gli imprenditori, gli artigiani, i coltivatori, italiani sono letteralmente con l’acqua alla gola, deve essere fatto divieto alla grande distribuzione di acquistare prodotti provenienti dall’estero, e di immetterli sul mercato a prezzi stracciati rispetto alla concorrenza degli stessi prodotti italiani; questo perchè il prezzo minore di questi prodotti è quasi sempre imputabile ad una scarsa qualità ed allo sfruttamento dei lavoratori, non certamente ad un risparmio nelle materie prime. Sicuramente non sarebbe un provvedimento che ci renderebbe molto popolari all’estero, ma io ritengo che non sia accettabile vedere migliaia di famiglie italiane sul lastrico, rovinate da una concorrenza che, fino a prova contraria, non può che essere considerata sleale. Con questo non propongo di chiudere le frontiere ed imporre che da domani ogni cittadino italiano debba guidare una Fiat. Ma non posso nemmeno continuare ad accettare che migliaia di coltivatori diretti debbano dismettere intere colture e piantagioni, in quanto i loro prodotti sono oramai finiti fuori mercato, a causa della concorrenza proveniente dall’estero, su cui non si ha la men che minima possibilità di effettuare controlli di sorta. Il tutto riconducibile alla sola smania di profitto da parte del terziario, di chi vende e lucra sul lavoro altrui.
Non so se sia legalmente realizzabile questo provvedimento, ma sicuramente potrebbe dare un nuovo slancio di ottimismo a quella parte di cittadinanza che ormai si sente abbandonata dallo Stato sul versante economico, quello che più da vicino tocca le famiglie, e che più facilmente fa presa sull’immaginario collettivo, cioè facilmente sfruttabile da parte di gruppi di potere senza scrupoli e senza remore di alcun tipo.