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lunedì 9 gennaio 2012

Io & Lui


Tutto ebbe inizio un freddo pomeriggio di novembre di 18 anni fa. No, non sto parlando della vicende di un giovane virgulto appena divenuto maggiorenne, ma della storia fra me e Lui.

Iniziò tutto quasi per gioco: si era all’inaugurazione di un centro commerciale, quale posto migliore per lanciarsi in un‘avventura tanto ardita, quanto profonda!

Su tutte le TV e i quotidiani rimbalzò furente la notizia: “Lui ha deciso di scendere in politica! Lui ha detto che voterebbe Fini, un fascista! Lui vuole riorganizzare i moderati!”. E giù di risate a crepapelle fra i saccenti professoroni-giornalisti-opinionisti-scalzacani che tanto si vantavano della propria superiorità acquisita con anni e anni di sudato “lavoro” tra banchi-scranni-scrivanie. “Non siamo mica in televisione qui! Non è mica una televendita la politica! Gli elettori non sono mica dei consumatori! Non si può confondere la politica con un prodotto!”. Diciamo pure che i giudizi furono quantomeno affrettati, se non definitivamente errati. E’ la storia che ce lo ha sbattuto in faccia per quasi vent’anni.

All’epoca dei fatti io era un imberbe frequentatore della scuola dell’obbligo. I pruriti adolescenziali erano ancora di la da venire, e i miei unici interessi erano, nell’ordine: il basket, gli amici. la famiglia, la scuola. Come qualsiasi bambino dotato di un minimo di senso estetico, e, aggiungerei, di un pizzico di amor proprio, ero profondamente innamorato del “trio delle meraviglie olandese”: Rijkaard, Gullit e Van Basten provocavano in me la sensazione più vicina all’eccitamento che allora fossi in grado di provare. Sacchi era un vate e Lui per me era già IL Presidente. Lo vedevo sorridente in tribuna, esultante e acclamato dai propri giocatori. Ricco, brillante, simpatico, rampante, perfino bello! Un fenomeno insomma.

Tutto cambiò rapidamente nel tempo di un battito d’ali di una farfalla.

Lo ammetto, provengo da una famiglia in cui anche solamente guardare le reti Fininvest, ancora prima della Sua discesa in campo, era considerato alla stregua del tradimento di Stato e si arrivava alle punizioni corporali pur di vietarlo. Capite quanto tempo abbia impiegato per trovarmi un’altra squadra calcistica da seguire, e quanto abbia impiegato la stima per lui a tramutarsi in disistima.

Quella che poteva divenire una lunga storia d’amore, con capisaldi e fondamenti, le Coppe dei Campioni e le “coppe” generose mostrate dalle vallette sulle Sue Tv, finì con l’annuncio della nascita della Sua creatura politica, Forza Italia.

Ancora bambino, ma già avvezzo al mondo e alle tematiche della politica, nel marzo del ’94 fui testimone oculare e cosciente della sua prima eclatante vittoria: mi sciroppai tutta la maratona elettorale, versione notturna compresa, di fianco a quel comunista di mio padre con le mani irrimediabilmente piazzate davanti al volto. E quante altre volte le ho viste posizionate in quella maniera, nei 17 anni successivi!

La Sua prima venuta durò giusto lo spazio di una sveltina, non me ne accorsi neppure. In fondo ero pur sempre un undicenne. Non mi si poteva chiedere troppo impegno.

Lui, Bossi o non Bossi, governo o opposizione, aveva deciso che, comunque, dal mondo della politica non se ne sarebbe più voluto andare. Nonostante le elezioni perse nel 1996, aveva intenzione di resistere. A chi gli chiedeva perché non se tornasse a fare la sua vita di prima fra vedette e lustrini, perché non preferisse rincominciare a vivere attorniato solamente da vallette e calciatori, invece che da sottosegretari e viceministri, Lui rispondeva serio che aveva fatto un patto con gli italiani, che doveva proteggere l’Italia dalla fantomatica “minaccia comunista”, ma io non gli ho mica mai creduto. Neanche se ero un bambino, e già allora mi chiedevo come potessero “quelli grandi” credere a tutte quelle panzane (negli anni ’90 i bambini non usavano parolacce, i genitori ancora si arrabbiavano se lo facevano).

Io l’ho sempre saputo che era li per interesse personale, e mano a mano che crescevo provavo anche a dirlo anche ai miei amichetti, ma il massimo della risposta che ottenevo era un commento sulle tette di Pamela Anderson o su quanto fosse forte di testa Bierhoff. Era già chiaro allora che il futuro sarebbe stato molto ma molto grigio, se non nero. Lui aveva preparato per benino le teste delle persone mediante anni e anni di lavaggi del cervello sistematici, con l’obiettivo ultimo di creare il cittadino ideale. Ideale per Lui e per i suoi fini, economici e politici.

Dopo una manciata di anni in cui miracolosamente il Centrosinistra riuscì nell’impresa di vincere le elezioni e successivamente farsi ridere dietro, per la prima di una lunga serie di volte, giunse il 2001, anno per cui non posso che serbare un ricordo dolceamaro. E’ l’anno della maturità, l’anno in cui sono diventato maggiorenne, insomma, tanta roba. E quale regalo migliore se non un bel cinque anni di governo del Centrodestra, governo che avrà addirittura il record di longevità all’interno della storia repubblicana? Il 2001 è forse anche l’anno in cui l’Italia ha definitivamente perso il senno e la corsa verso il precipizio si è fatta forsennata. Fino a quel momento, in fondo, Lui aveva governato per solo una manciata di mesi; l’Italia era ancora, seppur con i suoi difetti, un paese “normale”. Ancora non ci si doveva vergognare quando si usciva dai confini nazionali, ancora l’economia aveva una parvenza di credibilità, la politica era ancora una cosa tendente al serio. Ancora per poco però. Furono cinque anni di fuoco e fiamme, di leggi ad personam, di provvedimenti impopolari quando non si restava del tutto immobili, una legge elettorale vergognosa, siparietti imbarazzanti nei consessi internazionali, e chi più ne ha più ne metta. Insomma, peggio di così difficilmente ci si poteva aspettare di andare.

La mia coscienza politica si formò in quegli anni; gli anni dell’università, delle manifestazioni, delle nottate buttate su divani sfondi a confrontarsi e a sfogare la propria rabbia su accendini e lattine. Erano proprio la rabbia e conseguentemente l’odio, i sentimenti che iniziai a provare nei Suoi confronti. Non c’era più spazio per guasconate, le battute infelici e gli infiniti fraintendimenti da parte dei giornalisti faziosi e comunisti non attaccavano proprio più. Eppure chi lo appoggiava e supportava c’era sempre. Io continuavo a crescere e non riuscivo a non pormi sempre la stessa domanda: ma come fanno a non capire, a non vedere? Domanda che giunto al limitare dei 30 ancora non riesco a togliermi dalla testa.

Furono cinque anni interminabili, la Sua faccia mi sorrideva da ogni dove: onnipresente sui media, per le strade dai tanto amati 6x3. Era una presenza continua, incessante: sempre pronto a promettermi mare e monti ed anche questa volta io non gli credevo mica.

Finalmente, tra una nefandezza ed un “cucù”, un processo e una prescrizione, la legislatura finì, e, puntuale come la Santa Pasqua, la figura di cacca della Sinistra era li pronta dietro l’angolo, a smorzare l’entusiasmo per la risicatissima vittoria alle elezioni politiche del 2006. Neanche il tempo di smaltire la sbornia per le elezioni vinte che ci ritrovammo ancora a dover affrontare una nuova campagna elettorale dai toni accesissimi. L’ennesimo referendum pro o contro Lui. E quando c’è da combattere si sa che i duri iniziano a giocare: ragione per cui Veltroni si fece simpaticamente asfaltare e Lui vinse nel 2008, per l’ennesima volta, il suddetto referendum, questa volta addirittura con percentuali bulgare. Il tutto successe mentre io mi trovavo a Londra a lavorare. Nessuna fuga di cervelli, non vi indignate, niente di più del classico anno sabbatico post laurea per decidere cosa fare della mia vita. Me lo ricordo bene quel periodo, le mie sensazioni. Ero talmente schifato dalla politica che arrivai a rifiutare la generosa offerta del padre comunista di pagarmi il volo per tornare in Italia a votare, e per la prima volta da quando avevo ottenuto il diritto di votare, non lo sfruttai e me ne rimasi nella perfida Albione a lavar bicchieri.

Piano piano, però, qualcosa iniziò a cambiare in me: l’odio personale nei Suoi confronti aveva lasciato posto all’indifferenza più totale. Ma c’era un altro sentimento che aveva iniziato a prendere forma. Era un misto di curiosità, invidia, stima. Difficile da spiegare, ma fu quello che mi spinse a scegliere il corso di laurea magistrale che ho concluso quest’anno. Quando in una delle prime lezioni del mio corso mi venne rivolta la fatidica domanda: perché hai scelto di iscriverti al corso di Mass Media e Politica? La mia risposta fu immediata e sincera: per capire cosa ci sta dietro ai Suoi successi, e per aiutare a costruire la figura di colui che finalmente ci farà dimenticare tutto questo ciarpame.

Mi prodigai nello studiare gli aspetti alla base della Sua forza politica; fra una presentazione e un paper iniziai quasi ad essere affascinato dalla Sua figura. Sia ben chiaro, gli avrei strappato molto volentieri il cuore a mani nude e godetti (orribile, lo so, ma consecutio uber alles!) quando il piccolo Duomo entrò in collisione con il suo grande sorriso. Però lo scoprire che se vinceva non era solamente perché l’italiano è per natura una pecora (nel senso: vinceva per quello, ma “non solo” per quello), ma che dietro ogni suo gesto, ogni sua frase, c’era e c’è un piano ben preciso e studiato nei minimi particolare, me lo fece quasi rivalutare.

Ho capito cosa vorrei fare nella vita grazie a Lui. Ci sono amici, anche stretti, che hanno avuto sulla mia vita un’influenza decisamente più limitata!

Come è finita la storia tutti lo sappiamo e non sto a tediarvi oltre. Fra un “bunga bunga” e uno Scilipoti, anche i più fedeli iniziarono a voltargli le spalle. La crisi economica galoppante con l’Europa che ci teneva delicatamente i testicoli in mano, unita ad una paralisi decisionale quasi drammatica, finirono per distruggere la luna di miele che da 17 anni legava Lui al popolo italiano, o almeno ad una sua buona fetta.

Mi fece quasi tenerezza quando, al momento del passaggio di consegne fra Lui e Monti, cercò di ottenere più attenzioni possibili dai giornalisti accorsi e tra gli astanti, come un bambino il quale maggior desiderio e di stare sempre e comunque al centro dell’attenzione, incapace di comprendere che i riflettori oramai sono girati tutti da un’altra parte, forse definitivamente. Ma, mai dire mai quando si parla di Lui. Non crederete mica che lascerà la sua creatura, il PDL nelle mani di quell’automa allampanato di Alfano!? Non ditemi che gli credete anche questa volta!? Insomma, non vi ha insegnato proprio niente la storia italiana dell’ultimo ventennio!? Vi lascio con un consiglio, mutuato da chi la sapeva lunga e di talento aveva pieni anche le ghiandole sudorifere: mai fidarsi di chi ha il cuore troppo vicino al buco del culo (cit.).


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